mercoledì 1 maggio 2013

L'inconcepibile Risurrezione: il dipinto di Cinalli nel Duomo di Terni

Quanti a Terni conoscono l'impressionante dipinto murale della "Risurrezione" – o meglio del Giudizio universale – che è stato realizzato dal pittore argentino Ricardo Cinalli nel 2007 sulla controfacciata del Duomo? e nel resto d'Italia chi ne ha mai sentito parlare? Probabilmente ben poche persone… Invece si tratta di un'opera clamorosa e rivoluzionaria, nel variegato e a volte deprimente panorama dell'arte sacra contemporanea, per il suo pregio artistico, le notevoli dimensioni, ma ancor più per il suo significato allegorico-didattico, recante un messaggio di libertà, uguaglianza e fratellanza: nel giorno del giudizio, Cristo salva tutte le creature senza distinzione di razza, credo religioso, politico ed orientamento sessuale.
Qualche fedele ha già notato con disappunto questa peculiarità dell'opera, nonché la sua evidente "carnalità", tipica tuttavia dello stile figurativo dell'artista che l'ha creata. Cinalli è infatti noto soprattutto per la sua produzione di carattere profano, "pagano" e persino esplicitamente erotico. Del resto, però, anche Pietro Aretino aveva criticato il Giudizio di Michelangelo paragonandolo ad un postribolo.
Ciononostante, in merito al dipinto del Duomo di Terni
"si sa che è stato seguito giorno e notte da don Fabio Leonardis [direttore dell'Ufficio beni culturali della diocesi di Terni-Narni-Amelia] e da ripetute visite in cantiere del Vescovo Paglia"
, per cui non dovrebbero esserci dubbi circa la sua liceità.
Il lavoro è stato compiuto in sole sette settimane, utilizzando una tecnica di pittura ad olio molto più rapida di quella ad affresco, cosicché la continua supervisione da parte degli ecclesiastici sembra fosse motivata anche dal fatto che il pittore voleva sbrigarsi a completare il lavoro, quando tutto doveva essere invece eseguito in modo degno e nel rispetto del soggetto sacro rappresentato.
Dicevamo che in Italia non si è parlato molto della Risurrezione ternana, mentre in Gran Bretagna si è addirittura tenuta nel 2009 un'apposita conferenza, alla Grosvenor Chapel Garden Room di Londra. Intervistato da Brian Sewell, "il più famoso e controverso critico d'arte inglese", il pittore argentino Ricardo Cinalli ha narrato così ad un attentissimo pubblico la storia della sua esperienza artistica in Umbria.
Fu proprio don Fabio Leonardis, in qualità di responsabile dell'Ufficio beni culturali della diocesi, a contattarlo per la realizzazione dell'opera. L'incontro avvenne per due volte consecutive alla Fiera dell'Arte di Bologna, dove il pittore stava esponendo alcuni suoi lavori. Don Fabio e il vescovo di Terni Vincenzo Paglia erano alla ricerca di un artista capace di affrescare l'enorme parete della controfacciata del Duomo, alta ben 20,60 metri e larga 11,80.
Terni, ha poi spiegato Cinalli all'uditorio londinese, è una grande città industriale con alcune "piccole parti con cose belle"; negli immediati dintorni ci sono poi Narni e Amelia, due centri spettacolari del Romanico e del Rinascimento, importanti quanto e forse più di Spoleto.
La controfacciata del Duomo, al tempo della realizzazione del dipinto, (2007) mostrava qualche elemento della precedente chiesa romanica: le due bifore, ancora oggi visibili, e il rosone che poi fu ricoperto. L'artista, in un primo momento, proprio a causa della presenza del rosone al centro della parete sulla quale avrebbe dovuto trovar posto la sua creazione, aveva deciso di rinunciare all'incarico. Questo elemento architettonico di valore storico-artistico avrebbe infatti certamente impedito l'esecuzione del progetto ma, inaspettatamente, nonostante si trattasse di una
"questione burocratica molto complicata"
, il vescovo riuscì alla fine ad ottenere l'autorizzazione a ricoprirlo. Un caso più unico che raro in Italia, dove si è privilegiata la realizzazione del nuovo a discapito dell'antico. Si tratta però, a mio modesto parere, del più significativo Giudizio universale commissionato dalla Chiesa cattolica nella sua storia millenaria dopo quello di Michelangelo nella Cappella Sistina. E come quello fu censurato, speriamo non arrivi prima o poi un Daniele da Volterra di turno a mettere le braghe alle "scandalose" nudità che lo costellano!
In Italia, nelle poche occasioni in cui si è parlato di questo grande dipinto lo si è fatto con lo scopo di focalizzare l'attenzione sul soggetto che esso vuole rappresentare:
"una ‘Risurrezione di Cristo' che è al contempo ‘giudizio misericordioso' sempre in atto per coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica."
Questa è l'estrema sintesi del significato dell'opera che è stata più volte ribadita:
"Il cambiamento di prospettiva, da ‘Giudizio finale' a ‘Risurrezione', indica una visione teologica carica di speranza per l'uomo contemporaneo, perché pone al centro del dipinto l'azione di una salvezza sempre in atto che il Risorto, Gesù Cristo, offre a tutti."
Discutere sul fatto se il dipinto rappresenti il Giudizio finale, la Risurrezione di Cristo o la Pésca mistica – come anche è stato definito – è un discorso sofistico che svia l'attenzione da quel che è il vero senso dell'opera e dal suo rivoluzionario messaggio nell'ambito dell'arte sacra. Ossia che la Chiesa cattolica, in questa rappresentazione pittorica, afferma per la prima volta – tramite, si badi bene, un mezzo di comunicazione visivo e non verbale – di riconoscere i "diritti personali" dell'individuo tesi all'autoaffermazione di ciascuna personalità a livello religioso, morale o sessuale, di qualsiasi genere essa sia. E lo fa con un effetto dirompente. Altrimenti non si capisce perché nell'opera compaiono una donna con il burqa, una coppia gay e un transessuale che, insieme a molti altri personaggi (prostitute, corpi tatuati, esponenti di religioni diverse), vengono tutti trascinati, tramite le "reti" della redenzione divina, verso la Gerusalemme celeste. Infatti, al di là della semplice e apparentemente innocua spiegazione secondo cui
"la Chiesa accoglie tutti i peccatori di oggi"
c'è ben altro in questo dipinto… ma per scoprirlo è opportuno prima descriverlo almeno per sommi capi.
i riferimenti stilistici principali sono senz'altro la cappella di San Brizio di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto – che costituì anche il precedente per la cappella Sistina di Michelangelo – e l'affresco della Madonna del Parto di Piero della Francesca, nonché alcune opere metafisiche di De Chirico. Il dipinto di Terni è però erede della lunga tradizione occidentale dell'arte sacra, non solo per le sue citazioni formali, ma soprattutto per la sua funzione "didattico-catechetica". Si tratta infatti di un'allegoria che ha quasi il sapore di un rebus: come sulla scena di un teatro, due angeli aprono un ampio tendaggio, un sipario sulla scena dell'opera, secondo una composizione ripresa dall'affresco di Piero della Francesca. A proposito degli angeli questi sono un vero "shock", dato che la tradizione negli affreschi di soggetto sacro li vorrebbe asessuati:
"i miei angeli, che sono calvi, sono cose molto specifiche; sono come grandi adolescenti, giovani robusti e molto avvenenti con un senso di potere e determinazione come a dire di essere abbastanza forti per dischiudere questi tendaggi e far vedere cosa sta succedendo, e la prima cosa che è possibile vedere è il livello più basso dove si osserva tutta la disperazione, la solitudine e il dolore che ci stanno affliggendo…."
In basso è infatti rappresentato il male principale che tormenta la società moderna:
"La solitudine è il grande male che imprigiona l'uomo contemporaneo che solo apparentemente sembra essere felice nella società del mercato e del mercimonio; in realtà è incapace a tessere relazioni solidali, affettive e d'amore disinteressato."
i vortici-buchi, in cui sprofondano gli individui, rappresentano dunque la solitudine e l'egoismo che possono isolare l'uomo di oggi dai suoi simili. In uno di essi sembra che stia cadendo un transessuale nudo ma
"sul lato destro e sinistro in basso nel dipinto, vediamo persone di diversa entità sollevarsi e aiutare altri a sollevarsi: è il momento della redenzione."
Qualcuno quindi si salverà mentre altri resteranno dove sono...
Poco più su, sopra la porta principale della chiesa, è raffigurata la città contemporanea con tutti i suoi problemi, una megalopoli con al centro grandi e svettanti edifici moderni, circondata da fumi inquinanti e assediata da una povera baraccopoli che
"offre alla meditazione di tutti la visione del mondo di oggi; un mondo in cui domina la solitudine dei suoi abitanti, dove le città sono malate, dove il brutto e la volgarità hanno trovato stabile dimora. Soprattutto nell'Occidente dove persiste una esibizione superficiale di ogni cosa, una stupidità sempre più volgare e inarrestabile… È un mondo disperato? In parte sì, perché non c'è più amore…."

La parte principale dell'opera è poi dominata dalla figura del Cristo risorto, con le due reti strette nelle mani, nell'atto di trascinare l'umanità verso Dio – impersonato dalla grande mano in cima alla composizione – dopo averla liberata dalla schiavitù della solitudine e dell'egoismo che la tiene prigioniera, simboleggiata dai buchi-vortici più in basso. Attraverso questa "pesca mistica" l'umanità è quindi traghettata in alto verso la Gerusalemme celeste, una meta alla quale tutti tendono: quasi un ritorno al passato, ad una dimensione più a misura d'uomo, ai valori di solidarietà e fratellanza fra tutti gli uomini e le razze del pianeta. I personaggi "incastrati nella rete amorosa di Gesù… dallo stato di bruttezza sono passati a quello di bellezza… Dunque il "Risorto rende bello il brutto attraverso la sua penetrazione nelle viscere dell'uomo, costringendolo a guardarsi allo specchio del tu che ha di fronte, attraverso lo sguardo di un suo simile che per questo deve essere amato e non rifiutato".
Come modello per la figura di Cristo, ha raccontato ancora Cinalli durante la conferenza di Londra, don Fabio propose un giovane ferroviere ma poi la scelta cadde sul parrucchiere ternano dell'artista, tale Emiliano.
Nel dipinto sono poi raffigurati lo stesso Cinalli, uno dei dannati nei vortici di solitudine, il vescovo Paglia, aiutato nell'ascesa al cielo da un uomo barbuto in una delle reti divine, e don Fabio – "una persona straordinaria, un intellettuale" ricorda Cinalli – con un tatuaggio sulla spalla: un cuore trafitto da una freccia con la scritta "Love". La freccia indica un adolescente posto poco più in alto nella rete, verso la mano del quale, poggiata sulla sua spalla, il religioso inclina il capo.
Credo che don Fabio sia il personaggio chiave per capire come sia stata possibile la realizzazione di un'opera simile: "Don Fabio Leonardis era lontano anni luce dallo stereotipo dell'uomo di chiesa: una formazione da artista sperimentale, la sua, con una giovinezza controcorrente e una conversione spettacolare, durante la cerimonia d'inizio pontificato di Giovanni Paolo II".

Nel 1968 era un militante di Lotta Continua, prima del 1978, l'anno della conversione "era un ventottenne ateo, amante dell'arte e degli eccessi; era stato il primo in Italia ad aprire un negozio di abiti usati, il cosiddetto vintage, e con quello manteneva il Centro di arte contemporanea e multimediale fondato a L'Aquila, oltre che ‘Radio attiva’, un'emittente libera legata con la celebre Radio Alice di Bologna". Un uomo dal carattere schietto e "anticonformista fino al midollo".
Don Fabio a sua volta ha scritto a proposito del pittore argentino Cinalli:

"condivide con noi la sua forza pittorica che da latino-americano vede nella carne, nei corpi aggrovigliati tutta la passione e il dramma dell'umana fragilità e dell'umano piacere dei sensi".

Dunque, l'affresco di Terni è un'opera clamorosa e affronta temi "scabrosi". Nella conferenza-intervista londinese con il critico d'arte Brian Sewell, Cinalli ha spiegato inoltre che alcune persone benpensanti, dopo lo scoprimento del dipinto, durante la sua inaugurazione, reagirono molto male, in modo aggressivo nei confronti dell'artista e protestando con il vescovo Paglia in particolare per la raffigurazione del Cristo, il cui panneggio lascia intravedere l'attributo virile: "Io volevo creare una composizione tutta nuda ma avevamo già abbastanza problemi perché si può intravedere il pene di Cristo attraverso il suo drappo trasparente così come per gli uomini e le donne nude". Ma il pittore ha poi difeso il suo operato asserendo che

"la rappresentazione di Gesù Cristo con il suo carico umano è umanizzata nel senso proprio del termine e include la sua fisicità".

Ora, a sostegno della personale giustificazione del pittore, lo studioso Nicola Pezzella in un sorprendente saggio intitolato i Segreti del Cristo Itifallico, ha spiegato quale senso potrebbe avere una simile raffigurazione:

"Quale simbolo di riviviscenza post mortem, l'identificazione di erezione e resurrezione ha radici nell'antichità precristiana e caratterizza per esempio Osiride, il dio egizio dell'oltretomba, raffigurato con il membro ricostruito, che sporge a guisa di lancia. La metafora della resurrezione della carne con l'erezione si trova testimoniata non solo nell'iconografia… Del pene di Cristo risorto se ne parlò ampiamente in trattati e scritti del Medioevo e del Rinascimento e la questione verteva essenzialmente sul fatto che, al momento della Resurrezione, il corpo del Cristo fosse integro, ovvero senza i segni della circoncisione. Si spesero fiumi di parole… [e] si fa notare… che il membro ripristinato sia considerato signum victoriae".

Ciò è riscontrabile soprattutto per alcune opere d'arte del passato in cui la nudità del Cristo era ben visibile e in particolare fino alla Controriforma, quando un maggior rigore da parte delle gerarchie ecclesiastiche e un rinnovato senso del pudore condizionarono da quel momento in poi gli artisti nella raffigurazione della fisicità del creatore, sempre più attenuata grazie all'uso di ampi panneggi.
Veniamo ora ad un altro dei temi "scabrosi" che suscita la Risurrezione: quello del giudizio della Chiesa nei confronti dell'omosessualità. In buona sostanza, ufficialmente la dottrina cattolica afferma che

"i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso non possono essere approvati in nessun caso, e che sarebbero contrari alla legge naturale anche qualora, come alcuni sostengono, l'omosessualità non fosse il risultato di una scelta deliberata; anche in questo caso, infatti, permane quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e che le consente di evitare l'attività omosessuale". Inoltre "le ‘pratiche omosessuali' sono elencate tra i peccati contrari alla castità insieme ai rapporti sessuali extra matrimoniali (fornicazione) e alla masturbazione".

In pratica, secondo la morale sessuofobica della Chiesa, l'omosessuale dovrebbe essere casto a vita, il che, come chiunque dotato di buon senso può immaginare, è una cosa assolutamente impossibile; tuttavia, il clero cattolico è condizionato e costretto a questa visione da una ben nota ed elevata presenza di omosessualità repressa nei propri membri. La relazione omosessuale a livello sociale, in generale, è vista dunque come un fenomeno da contenere.
Ora, fortunatamente, vi è qualcuno che dall'interno della Chiesa cerca di scostarsi da questa visione dominante. Franco Barbero, dimesso nel 2003 dallo stato clericale, ritiene possibile il riconoscimento, sotto il profilo religioso, del patto d'amore fra due persone dello stesso sesso, impegnate in una relazione matura, fedele e libera. È un atteggiamento che talvolta si riscontra anche nella pratica pastorale, in cui la coppia omosessuale viene in qualche modo tollerata.
Pur distinguendo tra rapporti occasionali e relazioni affettive, qualcuno parla persino di "amore", anche con riferimento alle coppie dello stesso sesso, come il cardinale Basil Hume che dichiarò: "l'amore tra due persone, siano dello stesso sesso o di sesso diverso, va apprezzato e rispettato".
Purtroppo però si tratta di voci isolate, come isolato e clamoroso è il caso della Risurrezione di Terni che sembra voler proporre un concetto simile attraverso una rappresentazione visiva, ossia con un mezzo molto diretto ed efficace, sebbene meno compromettente di un'esplicita affermazione verbale o scritta. La coppia gay che viene tratta in salvo da Cristo e ascende insieme a lui verso la Gerusalemme celeste è palesemente una conferma di questo ragionamento.
Il transessuale, ancora prigioniero del suo vortice-buco di solitudine in basso, anela anch'esso alla salvezza e si intuisce che verrà salvato… Forse i gesti particolari delle sue mani hanno un significato in tal senso? La sinistra ha il palmo disteso con le dita divaricate forse ad indicare una scissione, mentre la destra indica in alto verso la Gerusalemme celeste dove si sta svolgendo una sorta di grande baccanale:

"La mia visione della Gerusalemme celeste è quella di una città ideale; non qui, non là… Ma quel che interessava a don Fabio, che mi è stato sempre vicino, sono i milioni di persone che formano una cinta muraria umana intorno ad essa. Li ho dipinti in stile impressionistico usando larghi colpi di spazzola e lavaggi e, a distanza, essi sembrano addossati l'uno sull'altro".

Andatela a vedere questa Gerusalemme celeste: quel che veramente non si comprende è perché nelle figure che danzano ad anello intorno alla città, con troppi minareti e poche chiese cristiane, ci siano anche alcuni gruppetti di uomini e donne in atteggiamenti non proprio serafici…!
L'impressione generale è, ad ogni modo, che i ternani non abbiano colto l'importanza di quest'opera misconosciuta e il suo rivoluzionario messaggio di apertura e accoglienza verso tutte le diversità, o che non abbiano voluto farlo scientemente. Un'opera passata inosservata peraltro anche nel resto d'Italia e della quale non si è assolutamente parlato, forse perché il suo riconoscimento condurrebbe a un dibattito di livello più ampio e generale: quello sulla necessità di una drastica riforma della tradizionale visione del mondo da parte della Chiesa cattolica. L'auspicio più sincero è che aver aperto gli occhi a qualcuno non scateni un effetto controproducente o interventi censori da parte di qualche zelante rappresentante del clero come, ad esempio, programmare un provvidenziale intervento di "restauro".
In ogni caso si vedrà se il messaggio lanciato dalla Risurrezione verrà smentito o meno dal neoletto presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, già vescovo di Terni, monsignor Vincenzo Paglia. Si tratta infatti di "uno dei pontifici consigli destinati ad avere in futuro un peso specifico maggiore di quanto non abbia avuto finora. La battaglia per la difesa della famiglia è destinata a diventare una questione sostanziale per la Chiesa, viste le legislazioni a favore delle coppie gay che avanzano a passo di carica in molti Paesi occidentali".
Da questa e da altre questioni future dipenderà il "giudizio finale" sul dipinto del Duomo di Terni: potrà essere considerato un'opera lungimirante e rivoluzionaria nel campo del sacro, prefigurante un nuovo atteggiamento della Chiesa più tollerante verso il mondo contemporaneo – del quale si è voluto fare un "test" nella città umbra – oppure resterà solo un'opera controversa e "clandestina", testimonianza della pavida ipocrisia e delle contraddizioni delle alte gerarchie vaticane? In fondo i più grandi misteri sono quelli umani e non quelli divini.
Resta il fatto, poi, che la Risurrezione di Cinalli potrebbe invece costituire un'importante attrattiva, insieme alle emergenze archeologiche sparpagliate tutt'intorno alla città e alle bellezze naturali come la cascata delle Marmore, per non parlare della straordinaria necropoli delle Acciaierie, se solo venisse riportato alla luce ciò che forse ne rimane.
Forse dobbiamo essere grati al caso che ha fatto incontrare due personaggi eccezionali come don Fabio Leonardis e l'artista argentino Ricardo Cinalli, dalla cui collaborazione è scaturita un'opera sacra unica, non solo per Terni; un dipinto semplicemente "inconcepibile" in una qualsiasi altra chiesa italiana che, grazie agli ideali universali di libertà, fratellanza e uguaglianza, illumina le tenebre paludose in cui brancolano ancora la Chiesa cattolica e una buona parte del mondo politico, con tutto ciò che ne consegue a livello culturale e sociale per la nostra povera e arretrata nazione.
L'11 Febbraio 2013 Benedetto XVI ha annunciato la sua clamorosa e coraggiosa decisione di abbandonare il soglio pontificio. E ora... quale Chiesa ci aspetta? Lo storico francese Jacques Le Goff, intervistato sull'argomento, ha dichiarato che il Papa si ritira davanti al mondo moderno. Si sente incapace di padroneggiare questo mondo, di far sentire sufficientemente la voce del Dio dei cristiani e della Chiesa cattolica in questo mondo. Nel suo ritiro si compendiano la lucidità, la modestia, la speranza di permettere alla Chiesa di rimontare la china e di affrontare meglio il futuro".

(testo privo di note e citazioni bibliografiche estratto dal libro di Tommaso Dore: Misteri di ieri e di oggi a Terni e nella Bassa Umbria, Italus Edizioni, Roma 2013, pp. 89-100)
di Tommaso Dore
Mercoledì 1° Maggio 2013

1 commento:

  1. Non c'è molto da mravigliarsi, sono atti conseguenziali ad una deriva suicida che non ha freni. Suggerisco solo di divulgare e proporre arte sacra più consona; possiamo attualmnete solo agire per il bene, visto che questo male è sostenuto e tollerato

    RispondiElimina