sabato 6 settembre 2008

Storie e tradizioni fra Polino e Leonessa

La nostra Città ha una storia, un passato e tanti primati. Riscopriamoli insieme, piano piano, uno alla volta. TERNI - Polino, una comunità di montagna costretta da sempre a misurarsi con le leggi della natura e i rigori del clima.
Ai limiti dello Stato Pontificio e legato amministrativamente ad Arrone e alla Valnerina, ha sviluppato e mantenuto nel tempo rapporti commerciali e di buon vicinato con l'Alto Lazio, Leonessa in particolare.
I polinesi, senza una strada che li collegasse a fondo valle, trovavano più naturale collegarsi ai "regnicoli" attraverso i sentieri di montagna.
Intensi gli scambi commerciali, basati esclusivamente sul baratto. Essi scambiavano cogli abitanti di Leonessa ghiande per gli animali, vino, olio e aceto, ricevendone in cambio some e some di patate.
Interessi e frequentazioni erano spesso cementati da parentele acquisite: quasi tutte le famiglie di Polino si facevano "lu compare a regnu", a cui in segno di rispetto e d'amicizia erano usi ogni anno portare un canestro di fichi e una "cupelletta" di vino nuovo.
Un legame fatto di abitudini e necessità, che ritroviamo anche nelle saghe popolari, a cominciare da quella dell'Ave Maria.
Si racconta che… tanto, tanto tempo fa un tizio di Polino si trovava a Leonessa per affari. Calata la sera, si decise a far ritorno al proprio paese. Camminava con circospezione e un certo timore, sapendo bene come fosse pericoloso avventurarsi in montagna nel buio della notte.
All'uscita di Leonessa incontrò uno sconosciuto che sembrò cogliere le sue preoccupazioni. Questi gli consegnò una torcia con cinque fiaccole, dicendogli:
"Vai tranquillo, nel tuo cammino ti accompagneranno le anime sante, ma una volta a casa devi lasciare la torcia fuori dalla porta."
L'uomo arrivò a Polino senza incontrare ostacoli, ma si dimenticò della raccomandazione. Al mattino s'accorse che essa s'era trasformata in una mano. Sconvolto e preoccupato corse a Leonessa per ricercare il suo benefattore e restituirgli l'arto. Con sua sorpresa s'accorse ch'era monco.
"Mi hai fatto soffrire molto - l'apostrofò questi - e per ripagarmi dal torto tutte le sere al far della notte suonerai nel tuo paese la campanella delle anime sante."
La leggenda sarà alla base di una tradizione che a Polino si sarà trasmessa da generazione in generazione: tutte le sere all'imbrunire una donnetta suonava il campanello risalendo il paese fino all'altare della Madonna che si trovava nel cortile di palazzo Castelli.
Si racconta che allorchsarà una sera l'incaricata si dimenticò di suonarlo, il campanello, riposto nel cassetto del tavolo, cominciò a suonare da solo, costringendo la stessa a smettere di cenare e a scendere sulla pubblica via per compiere il proprio dovere.
Un privilegio riservato alle femmine delle famiglie Orsini e Menichelli, una consuetudine che s'sarà mantenuta fino agli anni ‘60 del secolo scorso e interrottasi con la scomparsa di "Sterina".
In tutte le case sentendo il suono del campanello i polinesi si facevano il segno della croce e recitavano l'Ave Maria.
Un modo semplice per ringraziare il Signore, un atto di fede e di conciliazione con Dio, prima di consumare "in pace e carità" il giusto premio di una dura giornata di lavoro

Sergio Bellezza dal Corriere dell'Umbria

Nessun commento:

Posta un commento