lunedì 11 agosto 2008

Terni città industriale .. ancora ma per quanto?

Alberto Pileri, assessore ai Lavori pubblici di Palazzo Spada, esponente di spicco di quella generazione di mezzo dei democratici arrivati al Pd dai Ds e dal Pci prima, si sente in sintonia totale coi ternani che percepiscono Terni come città industriale anche se il sondaggio Eurisko commissionato dalla diocesi dice che l’industria fornisce oggi solo il 12 per cento rispetto al 44 per cento degli occupati totali.
“Rispetto agli occupati - chiarisce Pileri - è evidente che Terni è una città del terziario, ma l’industria Terni se la porta nel dna.
La Terni moderna nasce nel binomio con l’industria. Fino al 1870 Terni era la dodicesima città dell’Umbria, anche Narni era più grande di Terni”.
Lei parla da storico o da assessore?
“Parlo al presente. Il peso dell’industria, soprattutto dell’Ast, è importante e rilevante non solo a Terni ma in tutta l’Umbria. L’Ast è l’impresa che fattura di più in Umbria, è la più grande come numero di occupati.
E’ proiettata sul mercato internazionale, richiede tecnologia e professionalità avanzate. Il sondaggio vero è stato nel 2004, con i trentamila ternani in piazza in difesa del magnetico”.
Anche Luca Diotallevi, nella sua agenda di priorità, tornava a ribadire la centralità dell’Ast.
“Penso che sia difficile immaginare un futuro produttivo e di benessere della città nell’arco di 25 anni senza l’apporto dell’Ast.
Se si ferma l’acciaieria si ferma non solo Terni ma l’Umbria dato che l’acciaio è la principale voce dell’export.
E quando parlo di acciaieria parlo di caldo e freddo; di fusione, laminazione e produzione. Io dico a tutti: attenti, non è affatto scontato che a Terni resti il ciclo integrato, l’acciaieria così come la conosciamo da più di un secolo”.
Vede anche lei rischi per la sopravvivenza dell’area a caldo?
“C’è il nodo irrisolto dell’energia con tutte le possibili soluzioni aperte, ma anche le strategie della multinazionale.
Espenhahn
ribadisce che vuole fare di Terni il polo di eccellenza dell’acciaio inossidabile in Europa, ma dal 2007 ad oggi la produzione è scesa da un milione e 350mila tonnellate a un milione e cento.
C’è la congiuntura ma anche calcoli sbagliati. Mi domando cosa succederà quando aprirà la nuova accaieria della Tk in Alabama: converrà continuare a produrre acciaio qui, a viale Brin, oppure c’è il rischio che lo importino riducendo Terni a solo centro di laminazione?”.
Che cosa diventerebbe l’Ast?
“Un modesto tassello nella rete della multinazionale.
Cadrebbero i quasi mille occupati dell’acciaieria, ma chiuderebbero anche tutte le controllate perché a questo punto diventerebbero diseconomiche.
Andrebbero via direzione, ricerca, le stesse politiche commerciali sarebbero fatte altrove.
Terni non sarebbe più la città dell’acciaio, quel brand che gira per il mondo e su cui si potrebbe molto investire: con nuove produzioni, edilizia, design”.
La centralità dell’Ast è evidente a tutti. Non a caso il ministro Ronchi è venuto a Terni a promettere l’impegno del governo in difesa dell’Ast contro le sanzioni europee e leggi speciali per le aziende energivore. Non basta?
“No, vedo un certo impigrimento della politica e delle istituzioni. Più attenzione a temi a mio giudizio sopravvalutati come quello della sicurezza.
E’ scattata la cassa integrazione per centinaia di persone e non c’è stata nessuna richiesta di consiglio comunale, provinciale e regionale straordinario, nemmeno un’interrogazione”.
Allarme per l’area a caldo, ma la multinazionale per la prima volta ha presentato una sua strategia per l’energia: centrale da 94 megawatt a viale Brin, trattative con E.On per l’acquisto di quote importanti di energia; la partecipazione alle nuove gare per l’idroelettrico.
“I governi locali in questa fase hanno un compito di grande responsabilità. La strategia deve essere quella del rilancio del Patto di territorio. Spingere sul completamento della Orte - Civitavecchia per esempio.
Si fanno autostrade in Molise che non servono a nessuno e non si completa quel tratto che è strategico per l’intero Centro Italia, non solo per l’industria ma anche per il turismo.
Spingere sui finanziamenti per università e ricerca. Riguardo all’energia credo che manchi una visione strategica.
L’Ast vuole fare una centrale da 94 MW a viale Brin? D’accordo, ma tutti sappiamo che non basta ai suoi bisogni. Allora perché non riprendere il progetto di centrale da 400 MW a San Liberato su cui si è faticosamente raggiunto l’accordo tra governo, istituzioni locali, sindacati e la stessa TK Ast?
L’energia è un problema cruciale. Negli anni scorsi si sono date autorizzazioni per la costruzione della centrale Edison, 100 megawatt, all’interno della Polymer e per quella Sondel a Narni, 50 megawatt, senza che un solo kilowatt venisse rilasciato a Terni. Ci sono altre autorizzazioni in corso.
Dico attenti perché in questo modo andiamo incontro alla saturazione ambientale senza benefici per l’industria. Se per il territorio ci deve essere una priorità, questa è per l’Ast”.
L’Ast chiede un pezzo del compendio Bosco per trasferirci parte della logistica, eliminando in questo modo l’inquinamento da trasferimento delle merci.
“La Bosco non può essere ridotta solo a stoccaggio delle merci. Le istituzioni hanno speso grandi risorse comunitarie per rifunzionalizzarla. Per la ex Bosco vogliamo produzioni avanzate, innovative, ad alta tecnologia.
Per non dare uno schiaffo all’Ast abbiamo detto no a Duferco che voleva riaprirci il Magnetico. Apriamo una trattativa a tutto campo con l’Ast che comprenda non solo stoccaggio delle merci ma anche nuove verticalizzazioni.
Viale Brin riprenda la politica di Angelini ma anche le promesse di nuovi insediamenti di Rademacher”.
Basta solo l’energia a prezzo europeo per mantere un’industria forte a Terni?
“Qualche giorno fa l’imprenditore meccanico Antonio Alunni lanciava l’allarme sullo svuotamento degli istituti tecnici.
Una città industriale è anche cultura industriale, professionalità tecniche: tutto quello che è stato Terni fino ad oggi. Il distretto formativo proposto dalla Provincia va in questa direzione.
E’ necessario che l’Ast entri anche nel consorzio universitario integrando formazione e ricerca, con ingegneria, a produzione.
Bisogna andare avanti col progetto Terni città degli acciai che serva da vetrina al mondo per l’utilizzo dell’inox nell’edilizia.
Ma, ripeto, è necessario mantenere il ciclo integrato, fusione, produzione e laminazione. Se cade l’area a caldo, salta tutto”
Giuseppe Magroni dal Corriere dell'Umbria

Nessun commento:

Posta un commento